L' EUROPA SI ALLARGA, MA LA TV SI RESTRINGE

11.05.2010 13:05

 

L'EUROPA SI ALLARGA, MA LA TV SI RESTRINGE. L'ANALISI DI MINKMAR SU UNA TELEVISIONE POCO EUROPEA

Un tv che parla al vicino di casa, oppure guarda all'Europa? Un tv che si inserisce nel sistema globale oppure cura il suo orticello? Tra l'ingresso del digitale terrestre e i tentativi svariati di imporsi sul satellite non è ancora chiara la strada che uole intraprendere la televisione del terzo millennio. Nasce proprio da questo dubbio amletico la scelta di inserire nella rubrica 'La Grande Scatola' l'analisi dello storico e giornalista Nils Minkmar (già redattore per il network tedesco Zdf prima di entrare alla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung). Minkmar parte dalla evidente assenza degli ospiti internazionali nelle tv per allargare il discorso ad una televisione che parla solo la lingua della propria nazione e non guarda all'Europa Unita.


Chi è cresciuto con la televisione conosce l'Europa: Praga grazie a “Pan Tau”, lo Yorkshire attraverso la serie della Bbc “All creatures great and small”, e le brevi e calde estati di Småland grazie a Pippi Calzelunghe. Anche gli spettacoli, i talk-show e i giochi televisivi erano un tempo orgogliosi di avere ospiti “dall'estero”, presentati calorosamente come “star di fama mondiale” solo per aver cantato una volta a Montreux. I presentatori che sapevano scendere le scalinate del palcoscenico salutando il pubblico in più lingue erano considerati i più chic. Oggi anche solo parlare l'alto-tedesco potrebbe essere un ostacolo alla carriera.

Appena qualche decennio fa, le trasmissioni di successo si sentivano in dovere di dimostrare il loro carattere internazionale e di esibire un'eleganza proveniente dal di fuori dei confini. Oggi quale stazione radio si sogna più di trasmettere la chanson francofona? Per non parlare della televisione. Su quale piccolo schermo si possono ancora vedere le star francesi – a eccezione di Carla Bruni? Su quale canale si può assistere al festival di Sanremo? E di chi si parla oggi in Svezia? Dell'Europa non c'è più traccia. L'intrattenimento è diventato una questione nazionale, se non locale. Le nuove generazioni di bambini e ragazzi crescono ormai in un mondo in cui gli stati nazionali hanno quasi il valore di una regione, ma questo la televisione non sembra in grado di trasmetterlo.

L'esempio dell'emittente 'Arte'
Forse ha a che vedere con le quote: prima, per partecipare come ospite straniero a un programma televisivo di successo non c'era tutta questa concorrenza. Se un talk-show tedesco invitava i Monty Python o Milva, nessuno si preoccupava se durante l'intervista con traduzione simultanea qualche telespettatore cambiava canale. È paradossale: i nostri politici devono conoscere i loro colleghi europei alla svelta e abbastanza a fondo da poter instaurare rapporti di fiducia, ma nelle sfere pubbliche nazionali a volte non si sentono neanche nominare i capi di governo degli altri paesi, per non parlare degli artisti o degli attori che all'estero riscuotono successo. Anche i più informati sulle vicende  europee, se per caso in vacanza prendono in mano un rotocalco francese o spagnolo, rimangono di stucco: nessuno dei volti che affollano le pagine illustrate risulta loro minimamente familiare.
L'emittente culturale franco-tedesca Arte vale da monito per tutti: l'Europa può finire relegata in un canale specializzato. In tutti i paesi è la stessa storia, come se le emittenti televisive volessero proteggere il loro pubblico dalle conseguenze dell'essere parte dell'Ue. Ogni tanto nella tv francese si vede Angela Merkel (per la gioia della sinistra: la cancelliera è l'unica che osa contraddire Sarkozy) ma mai Hape Kerkeling o Charlotte Roche. Un nuovo superamento dell'orizzonte nazionale richiederebbe uno sforzo, anche da parte del pubblico. Per ora, tuttavia, solo i professionisti dell'Europa hanno allargato il loro sguardo.
Le cose dovrebbero cambiare. Presentatori e gente di spettacolo dovrebbero padroneggiare diverse lingue, e nutrire un vero interesse per il resto del mondo, tale da far sembrare stretti i piccoli formati dei loro piccoli studi televisivi. Ma per arrivare a questo sì che ci vorrebbero delle quote.

 

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