STAMINA, IL PROF. ANTONIO GIORDANO:"PORRE IN ESSERE UNA SCOPERTA NON SIGNIFICA AVER REALIZZATO UNA CURA"

30.12.2013 00:26

Negli anni scorsi  il siero di Bonifacio, la cura Di Bella e altri metodi basati su principi olistici hanno fatto discutere l’Italia proprio come ora accade per il «metodo stamina».

Pubblicato sul quotidiano “Il Mattino” del 29.12.103

Senza entrare nel merito della validità o meno del metodo stamina, vale senz’altro la pena di soffermarsi sulla questione che, attualmente, vede interessati pazienti, giudici, politici ed ora anche un Comitato Scientifico nominato ieri dal ministro Lorenzin e presieduto dal professor Mauro Ferrari, da due esperti di cellule staminali stranieri, due esperti italiani e due clinici. Senza dubbio il nuovo genera sempre paura, ma l’innovazione, il progresso, lo sviluppo costituiscono l’ambizione di ogni uomo di scienza e la sfida verso cui tendere. 


Dall’altro lato vi è lo Stato che vede nella tutela del diritto alla salute uno dei pilastri su cui si fonda la sua stessa esistenza. Nel mezzo ci sono le case farmaceutiche che tendono a finanziare una ricerca scientifica che si profili promettente rispetto ai risultati anche economici e non ultimi ci sono gli ammalati, le persone che aspettano un rimedio alle loro sofferenze e che prima di rassegnarsi alla perdita di ogni speranza, si sottopongono a cure, spesso, ancora in fase sperimentale. Non bisognerebbe dimenticare, però, che la scienza prima di essere realtà benefica è intuizione talvolta non ancora realizzabile perchè carente dal punto di vista tecnico, è immaginazione, errore o deduzione di precedenti scoperte e che, nel corso dei secoli, molte teorie rivoluzionarie per la propria epoca sono state soppiantate dalle successive. Da ricercatore mi sento di dire che porre in essere una scoperta non significa avere realizzato una cura.


Lo studio dell’oncologia molecolare, per esempio, in cinquanta’anni e, cioè dalla scoperta del DNA, ha fatto incredibili progressi. Si è inequivocabilmente dimostrato che i tumori sono generati da cellule «vittime» di una serie di alterazioni genetiche che impediscono il corretto trasferimento delle informazioni necessarie per l’esecuzione dei processi di replicazione, la differenziazione e la morte cellulare. Abbiamo appurato che il cancro è una malattia multifasica e multifattoriale, e che la perdita dei normali meccanismi di regolazione del ciclo cellulare può portare ad una sua deregolazione, che sfocia nell’apoptosi, ovvero nella morte cellulare programmata, e, infine, nella perpetuazione incontrollata della crescita cellulare. Abbiamo sviluppato molte tecniche chirurgiche e come tutti sappiamo in molti casi siamo in grado controllare la malattia, ma non ne conosciamo ancora la cura.


In questa situazione, non posso fare a meno di osservare un dato e, cioè, che gli italiani hanno una scarsa fiducia nella buona fede, e/o del rigore scientifico dei loro connazionali al punto da sentirsi garantiti circa l’imparzialità del Comitato scientifico dalla presenza di membri stranieri. Ad ogni modo credo che fare parte di uno studio sperimentale sia una decisione assolutamente soggettiva e non giudicabile, ma mi sento di consigliare di verificare prima che lo studio sia stato rigoroso, che sia accessibile non al singolo ma al pubblico e che sia riproducibile scientificamente

 

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