POLVERI SOTTILI, BLOCCARE LE NANOPARTICELLE PRODOTTE DA CALDAIE E FORNELLI. LA NUOVA SFIDA PARTE DA UNA RICERCA TUTTA NAPOLETANA ALL'UNIVERSITA' FEDERICO II
22.09.2014 13:47Il professor Andrea D’Anna, docente di Impianti Chimici, assieme a un suo giovane allievo Mariano Sirignano, ingegnere chimico di Nola, hanno ricevuto a San Francisco il premio nell’Accademia delle scienze della California, di fronte a 1.500 delegati da ogni angolo del pianeta
Anche la ricerca nel settore chimico può contribuire in maniera significativa alla prevenzione dei rischi per la salute e l’ambiente. La testimonianza arriva dal Sud Italia ed in particolare da Napoli grazie ad un’accurata e scrupolosa ricerca sulla combustione eseguita all’Università Federico II partendo dal fenomeno già noto delle dannose polveri sottili sprigionate nell’aria nelle comuni attività quotidiane, come la guida dell’auto.
Il professor Andrea D’Anna, docente di Impianti Chimici ha messo la firma su questa ricerca che ha sbaragliato tutti i concorrenti, superando i colleghi cinesi, quelli di Stanford o del Mit di Boston. Ad accompagnarlo in questa avventura è stato Mariano Sirignano, ingegnere chimico di Nola, di 30 anni, che non è affatto un cervello in fuga, ma si è laureato a Napoli, ha ottenuto un dottorato e ora è assegnista di ricerca.
I due studiosi hanno ricevuto a San Francisco il premio nell’Accademia delle scienze della California, di fronte a 1.500 delegati da ogni angolo del pianeta. Il gotha degli studiosi della combustione dal 1954 si riunisce a cadenza regolare nel simposio organizzato ogni biennio, in varie città del mondo, dal “Combustion Institute”: organizzazione internazionale di ricerca con sede a Pittsburgh, negli Usa, attualmente diretto da una scienziata tedesca, Katharina Kohse-Höinghaus, al quale l’Italia si è affiliata pochi anni dopo la sua fondazione.
I selezionatori hanno scelto la ricerca degli ingegneri napoletani dopo due anni di attenta e meticolosa valutazione tra una mole immensa di pubblicazioni. Il loro lavoro sulla “Coagulazione di nanoparticelle in regime di bassa e media temperatura” era stato presentato a Varsavia, durante il simposio del 2012, al quale Sirignano aveva partecipato per ritirare, assieme ad altri 4 colleghi stranieri, la “Bernard Lewis Fellowship”, premio consegnato ogni due anni ai cinque migliori giovani ricercatori nel settore della combustione che si sono distinti per i loro curricula. In quell’occasione è stata premiata anche una studentessa polacca, naturalizzata italiana, per i suoi studi svolti in particolare all’Università del Sannio.
E quest’anno il prestigioso riconoscimento è toccato anche a un’altra ricercatrice, Carmela Russo, postdoc presso l’Istituto italiano di ricerche sulla combustione del Cnr, che proprio a Napoli ha sede. A testimonianza di come in Campania sia attivo un gruppo di studiosi che ha sviluppato competenze in grado di tenere testa ai più blasonati atenei internazionali. La comunità di Napoli, insieme a quella dei Politecnici di Milano e Torino e all’Università di Pisa, rimane tra le più forti sia in termini di tradizione e di presenza nei congressi internazionali, che per numero di lavori pubblicati su riviste scientifiche internazionali di elevato impatto.
“Di solito la rate of acceptance delle ricerche presentate per il simposio è del 30-40%, che per una conferenza è estremamente basso. Vuol dire che è molto competitivo partecipare per vincere”, spiega il giovane ricercatore. Alla prima selezione ne passano solo una su tre. E “arrivare a un tale risultato, da un’università che rispetto a quelle americane o di altri Paesi vive in una condizione cronica di carenza di fondi per la ricerca, è una grandissima soddisfazione, che dà conto dell’eccellenza italiana nonostante le difficoltà che dobbiamo affrontare ogni giorno”.
Il gruppo di Napoli è stato uno dei pochissimi al mondo a vincere per due volte il prestigioso riconoscimento. Era già successo 30 anni fa. A livello internazionale, le classifiche sulle eccellenze accademiche nel settore sono dominate ancora dagli Stati Uniti, per numero di centri di ricerca, e dalla Cina, seconda solo agli Usa, per numero di studi pubblicati. “Ma a Napoli siamo protagonisti”, dice Sirignano.
Il lavoro che è valso il riconoscimento si occupa delle piccolissime particelle che si sprigionano in ogni processo di combustione, come quelle che compongono la fuliggine, ad esempio. Ma se il residuo nero che si forma sulle canne fumarie è composto da particelle grandi circa 100 nanometri, gli studi all’avanguardia del gruppo di Napoli riguardano quelle ancora più piccole, fino a un massimo di 10 nanometri. Si tratta di particelle invisibili, prodotte anche dai motori a benzina e dai fornelli di casa. Di queste particelle si sa ancora pochissimo. Lo studio premiato a San Francisco mostra come all’aumentare della temperatura esse “coagulano”, come si dice (cioè si uniscono tra loro in particelle più grandi) con maggiore difficoltà. E quindi sfuggono, si attaccano ai tessuti del nostro corpo, e non si riesce a bloccarle con i filtri antiparticolato.
Le nuove normative per i motori Euro 6, non a caso, prevedono adesso non solo limiti sulla massa delle polveri sottili, ma anche sul numero delle nanoparticelle che le compongono. “Il nostro studio apre prospettive per nuovi sistemi di abbattimento delle polveri. Capire come si trasformano le nanoparticelle permette di studiarne l’impatto sulla salute e sul clima”, spiega il professor D’Anna. “In laboratorio riusciamo a misurare anche il loro numero in combustioni controllate, come quelle dei motori”. “Gaz de France”, il gruppo energetico che distribuisce il metano ai francesi, ha contattato la “Federico II” proprio per una collaborazione sullo studio delle particelle più piccole prodotte dai fornelli di casa o dalle caldaie. Gli studi dei loro effetti sulla salute sono ancora agli albori, e su questo punto al momento non possono trarsi conclusioni certe. Però, quel che è certo, è che le particelle più grandi si formano dalla coagulazione di quelle più piccole; mentre i filtri sono più efficaci sulle prime. Agire sulle più piccole per controllare la formazione di quelle più grandi è la nuova sfida. Per i ricercatori di Napoli il percorso di studi è ancora lungo e, si spera, ricco di possibili nuove scoperte.
FONTE: www.iltempo.it
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