LA CHIESA, I GIOVANI E IL RISVEGLIO CIVILE NELLA TERRA DELLE ILLEGALITA': DAL SACRIFICIO DI DON PEPPE DIANA ALL'IMPEGNO DI DON PATRICIELLO, UNA STORIA CHE NON SI FERMA

14.04.2014 10:24

A cura del Dr. Domenico Di Marzo,  Genetista al Crom di Mercogliano

"Ero anche io a Casal di Principe, da laico, e ho sentito l’energia che animava il corteo. E da laico sento il dovere di ringraziare il risveglio delle coscienze che ha suscitato Don Peppe Diana"

Mercoledì 19 marzo 2014: un corteo di migliaia di persone ha sfilato a Casal di Principe per ricordare i 20 anni dalla morte di Don Peppe Diana, prete ucciso dalla camorra. Una folla di giovani, di bambini, di persone di tutte le età e di ogni parte d’Italia. Associazioni cristiane e laiche, politiche e sociali. Tutti per ricordare il sacrificio di uomo che si oppose coraggiosamente alla malavita, predicando la legalità e l’onestà contro ogni forma di omertà, affinché la verità fosse luce per la gente comune. Ucciso in sagrestia mentre si preparava per la messa, forse nel momento in cui si apprestava a prendere le ostie per l’eucaristia. Quel 19 marzo del 1994 non fece in tempo a celebrare la comunione, ma si fece direttamente lui pane per gli altri. “Per amore del mio popolo non tacerò”: così comincia il suo più celebre discorso che invitava tutti ad essere profeti e sentinelle della verità.

Don Peppe Diana lavorò come un vero e proprio operatore anticamorra, cercando di risvegliare le coscienze dei suoi concittadini, oltre ad aiutare le persone schiacciate dallo strapotere del clan dei casalesi che in quegli anni dominava incontrastato. Don Peppe affrontò in totale solitudine un mostro troppo più grande di lui, un virus che aveva contaminato la mente delle persone, le attività economiche e sociali di buona parte dell’agro-aversano. Siamo negli anni delle stragi di mafia, delle morti di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino e della cosiddetta trattativa Stato-Mafia. Già nel ’97 il pentito Carmine Schiavone, figlio di Francesco Schiavone, detto Sandokan, aveva definito il clan dei casalesi un “clan di Stato” e aveva ricostruito le vicende sul traffico illecito dei rifiuti in Campania. Dichiarazioni sui rifiuti coperte da un segreto di Stato tolto scandalosamente solo da pochi mesi fa.

E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche é caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale.”- scriveva profeticamente Don Peppe Diana che chiese anche aiuto all’interno della sua stessa realtà ecclesiale: Le nostre Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali… Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell'annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili.” 

Un appello alla gente, alla politica e alla Chiesa che rimase inascoltato. Un appello lucido e in piena adesione evangelica ad un’idea nobile di bene e di giustizia sociale. Don Peppe parlava senza paura, forse con quella sana follia che colpisce tutti gli uomini e le donne per i quali un ideale vale più della loro stessa vita.

“Chi ha paura non è perfetto nell’amore”- dice il vangelo di Giovanni: lui non ha avuto paura e ha amato la sua gente e la sua terra in maniera totale, dando testimonianza di un’integrità etica e morale non comune. Nessuna morte è inutile se genera vita e speranza: chi lo ha ucciso, ha reso più forte il suo messaggio. Un messaggio che riunisce tutti, laici e credenti, perché è stato un uomo che col suo esempio non si è perso nel labirinto delle dottrine, ma ha concretamente affrontato questioni pratiche della vita dell’uomo, lottando eroicamente e pacificamente contro il mostro della camorra.

Io ero lì mercoledì a Casal di Principe, da laico, e ho sentito l’energia che animava il corteo. E da laico sento il dovere di ringraziare il risveglio delle coscienze che ha suscitato Don Peppe Diana. Grazie alla sua opera la mentalità delle persone è cambiata. Grazie anche al suo contributo il velo dell’omertà si è squarciato, i cittadini scendono nelle piazze a protestare, i bambini vengono sempre più educati alla legalità e anche voci all’interno della Chiesa come la figura di don Maurizio Patriciello si alzano limpide e fiere. Don Patriciello infatti, parroco di Caivano, da anni lotta al fianco dei cittadini contro la malavita organizzata, è molto attivo sul versante della Terra dei fuochi e non perde mai occasione per denunciare l’assenza dello Stato in problemi seri come la tutela della salute dei cittadini. Ecco i semi di Don Peppe Diana: la camorra ha cercato di farlo tacere e di ripristinare il silenzio con la sua morte. E invece un grido si è alzato. Un grido di speranza per il futuro…

Prezioso infatti è stato l’impegno di Don Peppe vicino i giovani e in realtà come quella dell’Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani), cosa che ha influenzato il modo di fare attivismo sociale, insegnando alle nuove generazioni l’impegno al bene comune.

 “Dobbiamo tutti combattere e, se necessario morire, per insegnare alle persone la verità”- recita un famoso film di questi anni. Lungi dal volere celebrare il facile martirio, è giusto richiamare l’uomo al coraggio, come ha fatto Don Peppe Diana, lasciandosi toccare dall’ingiustizia, reagendo al sopruso. Perché sono gli spiriti inquieti come lui che muovono e cambiano il mondo…

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