ECCO COME IL PRINCIPE DI SANSEVERO RIPRODUSSE IL MIRACOLO DI SAN GENNARO. IL RACCONTO AL CONVEGNO PER IL TRICENTENARIO DELLA SUA NASCITA

17.11.2010 17:07

 

"L’ampolla sembrava mezza piena di una solida massa o impasto di color grigio […] Variamente inclinato e agitato per circa mezzo minuto, l’impasto diveniva liquido e si scioglieva, talora solo in parte; in altri momenti diveniva nuovamente solido, e agitato ancora una volta, impiegava più o meno tempo a liquefarsi […] Questo è quanto ho potuto vedere con i miei occhi”. È ciò che scrive un matematico e geografo francese, Charles Marie de la Condamine, a Napoli per il suo Grand Tour nel 1754, sul Journal of a Tour to Italy (London 1763). Ciò a cui ha assistito, però, non è, come a prima vista potrebbe sembrare, il miracolo di San Gennaro, bensì una riproduzione dello stesso realizzata da Raimondo di Sangro. Il principe-scienziato non viene citato direttamente nel passo, ma la conferma del fatto che l’autore dell’esperimento sia proprio lui arriva dal raffronto con un’altra testimonianza, quella dell’astronomo francese Joseph-Jérôme de Lalande, il quale nel 1769 scrive che “uno scienziato, illustre sia per i natali che per le sue cognizioni, ha fatto fare un ostensorio o teca simile a quella di S. Gennaro, con due ampolle della stessa forma, piene di un amalgama di oro e mercurio misto a cinabro”. Qualche anno dopo, ormai morto di Sangro, de Lalande farà esplicitamente il nome del principe in una nuova edizione del suo Voyage en Italie.

 

Le due testimonianze, la seconda – meno precisa – già nota agli specialisti, la prima – molto più dettagliata – sconosciuta alla critica disangriana, sono state illustrate nel corso di una delle relazioni conclusive della tre giorni di studi organizzata dall’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, dal Museo Cappella Sansevero e dal Comitato per le celebrazioni del tricentenario della nascita di Raimondo di Sangro, con il patrocinio della Società Italiana di Studi sul Secolo XVIII. Circa venti relatori, tra storici, architetti, iconologi, linguisti e studiosi di filologia musicale, in un percorso itinerante tra Palazzo Corigliano, Cappella Sansevero e Palazzo Du Mesnil, hanno approfondito tematiche già oggetto di attenzione scientifica – evidenziandone però aspetti poco o per nulla conosciuti – e altre del tutto inesplorate. Autore della relazione sull’appartenenza del principe al Real Ordine di San Gennaro e sui suoi tentativi di riproduzione del miracolo (che mai di Sangro, nella sua Lettera Apologetica, chiama così, preferendo un termine come “maraviglia”), è Fabrizio Masucci, giovane studioso, nonché discendente del principe di Sansevero. Ed ecco svelato, a 300 anni dalla sua nascita, il meccanismo preciso con il quale il principe, messo all’Indice per le sue opere, riprodusse il fenomeno della liquefazione: “Vidi sotto l’ampolla due piccoli coni […] con le punte rivolte l’una contro l’altra, che, come mi disse il custode, presentavano una piccola apertura”, continua de la Condamine, “…il cono inferiore era mobile, per cui l’orifizio a volte veniva a combaciare con quello del cono superiore; tutto ciò era puramente accidentale e, in conseguenza del movimento impresso all’ampolla, poteva accadere che gli assi dei due coni collimassero. Per quanto riguarda la polvere nell’ampolla, mi fu detto che si trattava di un amalgama di mercurio, stagno e bismuto […] infine, che in un canale circolare, nascosto nella montatura, era contenuto dell’argento liquido; quando si scuoteva l’ampolla saltuariamente, e gli orifizi dei due coni venivano a coincidere, il mercurio penetrava in maggior o minore quantità e liquefaceva l’amalgama; che talora accadeva che in conseguenza dei vari movimenti impressi alla macchina, il mercurio, che s’era così introdotto, ritornava per la stessa apertura e che quindi l’amalgama cessava di essere liquido”.

 

Tra le altre interessanti novità emerse nel corso del convegno, quelle esposte dal chirurgo Gennaro Rispoli, degli Ospedali Ascalesi e Incurabili, nella sua relazione sulle macchine anatomiche del principe, ancora oggi custodite nella Cappella Sansevero, e in parte nel mistero. Veri esseri umani o semplici riproduzioni artigianali? Da secoli osservatori e studiosi si arrovellano su questa domanda. Un po’ l’una un po’ l’altra cosa, spiega Rispoli, documentando come le due “statue” fossero arrivate a Napoli da Palermo. Un’impalcatura di ossa vere sulla quale abili mani di artigiano hanno ricostruito un sistema artero-venoso a immagine e somiglianza di quello umano. Ci furono iniezioni di liquido per riempire le vene e le arterie? Probabilmente sì, risponde l’esperto, ma piuttosto che di mercurio o altre sostanze, come si è spesso detto, si trattò di liquido colorante. La creazione del principe fu, in ogni caso, spiega Rispoli, un mirabile esempio di ricostruzione tridimensionale del corpo umano in un’epoca di gran lunga antecedente a quella nella quale tali “macchine” sarebbero servite ai chirurghi per gli studi finalizzati ai propri interventi.

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