IL GESUITA DEL SUD DEL MONDO CHE GUARDA AI POVERI E AGLI UMILI. JORGE MARIO BERGOGLIO E' IL NUOVO PAPA, E' PAPA FRANCESCO

14.03.2013 09:31

Direttamente dal Sud del mondo con le parole di chi sa essere umile, di chi sa guardare e tendere una mano ai poveri e alle persone semplici. Con Papa Francesco la speranza più diffusa è quella di un cambiamento della Chiesa nell'approccio ai problemi sociali e di un rinnovamento radicale nelle persone in ognuno di noi. Potrebbe essere l'era di un ritorno della vera umiltà che costruisce e di una scomparsa radicale della presunzione che distrugge.

S’inchina alla piazza e ne cerca la benedizione, «per favore». Prima ancora d’alzare le mani, piega la testa in silenzio davanti al mondo: «una preghiera di voi su di me». Lui che dice di venire «quasi dalla fine del mondo».
Lui che dice di venire «dalla fine del mondo» ora se ne trova al centro e invoca con umiltà il conforto. C’è tutta la sua storia e il Papa che sarà nel nome scelto e in quella richiesta sovversiva di ogni ordine e gerarchia. Nessuna croce d’oro al petto, le parole quasi timide: la grandiosa semplicità racconta più di ogni dettaglio della sua vita già francescana e lontana dalla curia, «per carità in curia muoio» rispondeva a chi gli offriva di dirigere un dicastero, e vicino ai poveri. 

Lo sfidante di Ratzinger ne prende il posto, il cardinale Jorge Mario Bergoglio che al conclave del 2005 uscì sconfitto alla quarta votazione (84 a 26) adesso raccoglie la problematica eredità del rivale. 

L’uno contro l’altro, quasi otto anni fa, un testa a testa tra due futuri Papi, le schede per il tedesco aumentavano insieme a quelle dell’argentino. Questa volta la fumata bianca è per lui.

 
 


GLI STUDI

Il gesuita argentino (nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936) ha un cognome italiano per via del bisnonno di Portacomaro, Asti. Da lì il padre del pontefice - Mario, un ferroviere - emigrò prima a Torino poi in Argentina. La conoscenza del dolore, appena adolescente: per un’infezione respiratoria gli fu tolto un polmone. Il ragazzo Jorge freq

uenta una scuola per chimici, ma dopo il diploma entra in seminario a Villa Devoto, poi il passaggio alla Compagnia di Gesù. Prima di scoprire la vocazione conosce anche l’amore, la fidanzata «è del gruppo di amici con i quali andavamo a ballare», confida nel libro intervista «Il Gesuita» di Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin. Bergoglio studia in Cile e dopo il ritorno a Buenos Aires si laurea in Filosofia, è professore di letteratura e psicologia, prende un’altra laurea in teologia. Nel 1997 diventa arcivescovo coadiutore di Buenos Aires e l’anno dopo succede al cardinale Quarracino, lo stesso da cui aveva ricevuto l’ordinazione episcopale. 

LA PORPORA
Giovanni Paolo II lo nomina cardinale nel concistoro del 21 febbraio del 2001, San Roberto Bellarmino è la 

chiesa romana di cui diviene titolare. Anche allora Bergoglio si distingue per il suo stile. Centinaia di argentini si danno da fare per raccogliere soldi e raggiungere Roma così da onorare la sua nuova porpora. Ma lui chiede loro di restare in patria e distribuire la somma tra i poveri. Lui a Roma festeggia quasi da solo, con semplicità, perché è così che è abituato a vivere. Niente auto blu anche da cardinale, lui gira in bicicletta, autobus o metro. 
La casa vescovile adiacente la cattedrale della capitale argentina è sempre rimasta vuota. Bergoglio preferisce abitare in un appartamento poco distante, cucina da solo a pranzo e cena, indossa la tonaca da semplice prete. Non servono appuntamenti per incontrarlo, basta bussare alla porta, racconta don Gaetano Saracino che lo conobbe da missionario scalabriniano. «Negli anni della dittatura si è dedicato ai poveri con tutta la forza: con la vendita delle scuole dei gesuiti, distribuendo pasti nei Barios». Si racconta che abbia rifiutato una prima volta la nomina a presidente dei vescovi dell’Argentina, incarico che poi ha ricoperto dal 2005 al 2011. 


IL PENSIERO

Ama Beethoven, il tango e il calcio, I promessi sposi e la Divina commedia, «Il pranzo di Babette» è il film preferito. E’ un gesuita all’antica, fedelissimo di sant’Ignazio. Si batte contro la globalizzazione che impoverisce ancora di più i poveri, immagina una chiesa «capace di uscire per strada, cercare la gente: questa è la nostra missione». Una chiesa che rinunci ai privilegi e combatta il carrierismo, non «autistica e autoreferenziale», che sappia anche selezionare i sacerdoti. «Un prete pedofilo - dice - porta in sé la perversione prima di essere ordinato, sopprimere il celibato non lo curerebbe». In Vaticano cerca di andarci il meno possibile, quando lo chiamano. Una personalità complessa, la sua, sfugge alle categorie e definirlo un conservatore sarebbe riduttivo. Anche se si è sempre opposto all’aborto, alla contraccezione, ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, considera le adozioni gay «una forma di discriminazione contro l’infanzia». 

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